venerdì 30 aprile 2010

All the Sad Young...




Com'era l'America "obamiana" prima dell'avvento di Obama, tra il crepuscolo di Clinton e l'improbabile epopea del cow-boy George W. Bush? Ecco un bel romanzo generazionale, "Tutti gli intellettuali giovani e tristi" (ed. Einaudi), di Keith Gessen: giovane, intellettuale, americano, ma nato in Russia, e di sinistra. Il titolo originale del libro suona molto meglio: "All the Sad Young Literary Men".

Le storie dei tre protagonisti, Mark, Sam e Keith, scorrono parallele, tra discussioni politiche, ambizioni frustrate, relazioni sentimentali precarie come e più del lavoro, intermittenti e dolorosi contatti con il mondo "adulto" e con le sue (necessarie?) ipocrisie. Tre derive autobiografiche strettamente legate, in cui l'autore evidentemente gioca a (s)velarsi e a rivelare ironicamente i nemmeno troppo nascosti turbamenti della sua/nostra generazione. Qua e là affiorano, mascherate, figure di spicco dell'intellighenzia progressista (es. Noam Chomsky).

Leggendo le pagine del libro, mi chiedevo tra le altre cose: ma che cosa stiamo facendo noi, noi trentenni, per provare a tenere le redini di questo mondo caotico e sfuggente almeno per un momento? Per provare ad essere qualcosa di più che semplici spettatori di quello che ci circonda? Dilemma trans-oceanico, a quanto pare.

Chissà. Forse i cambiamenti, veri o presunti, della Storia si annunciano e si accumulano impercettibilmente dentro di noi, come un'interminabile, contraddittoria sequenza di stati d'animo, un'onda di cui non riusciamo, se non molto raramente, a cogliere il senso... Questo pensavo, leggendo l'ultima pagina del libro di Gessen.

martedì 20 aprile 2010

Il Pd e lo 'strano' rapporto con la Lega




In questo strano “caos calmo” che regna nel centrosinistra dopo l’esito invero assai preoccupante dell’ultima tornata amministrativa (il risultato deludente delle elezioni regionali e la perdita di diversi comuni importanti anche sul piano simbolico, da Mantova giù giù fino a quel di Comacchio), il nervosismo che serpeggia tra i vari leader e sottoleader nazionali fa il paio con le difficoltà incontrate dal gruppo dirigente del Pd nel definire o almeno cercare di abbozzare una concreta via d’uscita, per un partito che dovrebbe essere il perno insostituibile di qualsiasi ipotesi di alternativa rispetto all’asse sempre più solido instaurato tra Lega e Pdl. Un’altra, poi, è la questione che aleggia un po’ dappertutto e che riguarda naturalmente anche il Veneto, la cosiddetta “questione settentrionale”, spesso declinata nelle sue varianti meno originali (il partito del Nord).

Bisognerebbe chiedersi a questo punto: nel prossimo futuro varrà ancora la pena di scontrarsi frontalmente con la Lega, come è avvenuto durante questa campagna elettorale, per poi ritornare a blandire i leghisti subito dopo la chiusura delle urne, con tanto di lodi sperticate al modello di radicamento della Lega e al suo essere tra la gente “come il vecchio Pci”, improvvisate aperture di sindaci sul territorio e velati corteggiamenti nel nome del pragmatismo (agnosticismo?) amministrativo e del “vorrei ma (forse) non posso”? Una sintomatica divaricazione. Rimane probabilmente ancora da verificare se si tratti di posizioni e di modelli così compatibili (personalmente conservo forti dubbi), ma quel che è certo è che il Pd manca di una vera strategia e non sa come arginare un partito di cui subisce la fascinazione di forza popolare e che riesce a combinare con spregiudicatezza spinta federalista e centralismo interno, velleità modernizzatrici e visione paternalistica della società.

Non è un caso che i presidenti leghisti di Veneto e Piemonte, Luca Zaia e Roberto Cota, prima ancora di riprodurre l’inossidabile mantra federalista-secessionista contro i misfatti partitocratici di Roma ladrona, abbiano scelto per il loro debutto congiunto lo spinoso tema della pillola Ru486. In cima ai pensieri della Lega, autroproclamatasi di lotta e di governo, sta ora anche un’altra Roma, quella vaticana. La Lega ha cambiato i rapporti di forza dentro il centrodestra, è autorevole interlocutore delle gerarchie cattoliche, su quelle posizioni schematicamente riassumibili come “difesa della vita”, e reclama addirittura Palazzo Chigi.

E tutto questo, però, avviene in un Nord secolarizzato, pluralistico, europeo, caratterizzato da quel “politeismo di valori” che è cifra della modernità non in virtù di qualche complotto massonico o comunista, ma come esito storico di una plurisecolare evoluzione del mondo occidentale, delle sue istituzioni e dei suoi costumi. Il confronto sui contenuti è buona cosa, a cominciare dal federalismo fiscale, ma il Pd è obbligato dalla propria ragione sociale a marcare in fretta una chiara linea di alternativa, facendo attenzione a troppo improvvide strizzate d’occhio.

giovedì 15 aprile 2010

Progresso















Lo confesso: non ho mai tenuto in mano una cosiddetta playstation in vita mia. Forse perché ancora inconsciamente e generazionalmente troppo attaccato allo spirito del vecchio Commodore 64. Qualcuno magari riuscirà a spiegarmelo, prima o poi, senza ricorrere alla psicoanalisi. Vedremo.

Intanto devo dire che ho sempre preferito la grafica sommaria di "International soccer", con le figure dei calciatori virilmente stilizzate, le rigide traiettorie della palla, con le sue incomprensibili impennate e le improvvise accelerazioni, quasi a reinventare le leggi della fisica, e poi il senso precario della prospettiva e le maschere da teatro greco sullo sfondo: volete mettere la differenza rispetto alle iperrealistiche riproduzioni d'oggi?

Effetti da stadio, luci, cori e telecronache, fattezze dei calciatori rese in modo calligrafico, statistiche debordanti... ma l'essenza del "gioco" in queste cose io non la ritrovo, o forse per dirla ancora con il poeta (Dylan Thomas): "La palla che lanciai giocando nel parco / Non è ancora scesa al suolo".

venerdì 9 aprile 2010

La sinistra e il futuro



Venerdì 16 aprile 2010, con inizio alle ore 21, al Museo dei Grandi fiumi di Rovigo, abbiamo organizzato un dibattito sul futuro della sinistra in collaborazione con la storica rivista "Mondoperaio", fondata da Pietro Nenni. Partecipano anche la Fondazione Arca, l'Associazione Giacomo Matteotti e il Circolo Gino Piva.

Insieme a me, interverranno Riccardo Mantovani, badiese, vicesegretario del Psi polesano; Luigi Covatta, direttore di "Mondoperaio" e già parlamentare socialista, oltre che autore di alcune interessanti pubblicazioni; il sen. Enrico Morando, membro della direzione nazionale del Pd.

Speriamo possa essere l'occasione per un confronto proficuo e... oltre gli steccati!

giovedì 8 aprile 2010

Un altro cinema (italiano)...




Dicono che il cinema italiano è in crisi, in una crisi profonda e irreversibile, se non praticamente defunto ecc. Non lo so, magari è vero. Io, per esempio, mi ricordavo di Corso Salani nelle vesti di ottimo protagonista del film “Il muro di gomma” di Marco Risi (1991!), tesa ricostruzione della tragedia di Ustica e soprattutto di quello che è successo “dopo”: indagini, depistaggi, processi, inchieste, omissis…

Poco o nulla sapevo, fino a qualche giorno fa, dell’attività di regista di Corso Salani. Negli anni questo attore fiorentino ha invece costruito una propria personalissima via al cinema d’autore e “Fuori orario” gli ha dedicato un paio delle sue ultime puntate “monografiche”, meritoriamente incentrate sulla produzione più recente.

Ripenso ora alle immagini di “Mirna”: documentario, docu-fiction, road-movie, film sentimentale, film autobiografico? Difficile provare a classificare ciò che ho visto, ma questo è davvero un universo particolare e tutto da scoprire. Per apprezzarlo non è necessario possedere la patente di cinefili, ma credere (o almeno avere un po' di curiosità) nelle potenzialità di un "altro" cinema. Un cinema per cui occorrono, più che occhiali 3d, occhi diversi. E tempo, più che rapidità, simultaneità ecc.