giovedì 25 marzo 2010

I sonetti del Badalucco



I "Sonetti del Badalucco nell'Italia odierna" di Gianni Celati (ed. Feltrinelli). Geniale. Non ho altri aggettivi per descrivere questo libro (già: è un libro in cui capiamo tante cose del nostro Paese, della sua storia e della sua gente... molto più che affondando il naso tra le pagine di ponderosi tomi sociologici e politologici e antropologici ecc.). Ma chi è Badalucco? Eccone un breve assaggio:

Badalucco parla al popolo

“Siate liberi – dice Badalucco –
io do la libertà, voi mi date i voti;
la libertà è il profitto per chi ha doti,
e senza doti niente, questo è il succo.

Qui siamo in democrazia e non c’è trucco:
basta coi moralismi da beoti,
se sei furbo coi quattrini tu ti quoti,
poi cacci via quei vecchi come il cucco.

Io ho l’arte degli affari e del pilucco,
e per farvi piluccar profitti ignoti,
vi do la libertà, voi mi date i voti,
che i fessi ci resteranno di stucco.

E quelli d’umore poco gaio
li metto a spalar merda nel mio merdaio!”.

martedì 16 marzo 2010

Rinnovamento nella continuità



Rinnovare nella continuità. Un “topos” inossidabile del comunismo che fu togliattiano, ma che di questi tempi viene pronunciato da insospettabili esponenti del centrodestra… e anche della sinistra post-comunista e post-tutto.

Che vuol dire oggi questo slogan? Cambiare, modificare gli assetti, promuovere “facce nuove”, allargare la base dirigente, ma con calma, con giudizio e soprattutto con stile, senza esagerazioni e senza traumi, senza salti nel vuoto, senza strappi, senza spargimenti di sangue né ingiurie, evitando i voli pindarici e gli avventurismi nefasti ecc. ecc.

Natura non facit saltus.

Già. E che direbbero allora tutti questi prudenti innovatori nostrani di un tipo come Jonathan Krohn, che a nemmeno quindici anni è diventato una “star” del Partito repubblicano e dei talk-show politici americani, conteso da Fox e Cnn, dopo aver infiammato la platea del G.O.P. con un intervento di soli tre minuti e pubblicato un libro (“Defining Conservatism”) in cui si propone, nientemeno, di definire i principi che dovrebbero rilanciare la politica dei conservatori statunitensi nel nuovo secolo?

P.S. Per vedere e sentire il “comizio” di Jonathan Krohn alla convention repubblicana, nonché gli effetti sull'uditorio, è sufficiente andare su Youtube o sito analogo.

venerdì 12 marzo 2010

Sulla 'piccola' editoria



Questa è la prima parte di un intervento che ho tenuto lo scorso 2 marzo, a Roma, presso la sede capitolina della Regione del Veneto, in occasione della presentazione del catalogo del premio Oderzo di architettura.

"Parlare di editoria, in Italia, significa fare i conti con un panorama vivace, diversificato e in costante evoluzione. Una miriade di case editrici, grandi e piccole. Tre miliardi e mezzo di euro di giro d’affari, 59.000 nuovi titoli all’anno, secondo l’ultimo “Rapporto sullo stato dell’editoria” dell’AIE. Parlare di editoria significa, soprattutto, confrontarsi con statistiche e con esperienze di vario tipo e con un futuro che è ancora, in larga parte, nonostante tutto, da definire e da costruire.

Se un primo dato rilevante caratterizza l’editoria universitaria, o l’editoria che chiamiamo “di cultura”, questo dato è senz’altro individuabile nel pluralismo, cioè nella presenza di un numero consistente di piccole e medie case editrici fortemente specializzate, altamente flessibili e radicate sul territorio.

Una quota assolutamente non disprezzabile, specialmente nel Centro-Nord, è costituita da editori indipendenti, vale a dire da imprese estranee ai grandi gruppi editoriali. Potremmo parlare, a tale proposito, di un relativo policentrismo dell’editoria universitaria, riflesso di un più ampio e tradizionale policentrismo culturale del nostro Paese, che si evidenzia anche nella storia dell’editoria.

Un panorama di risorse comuni, ma anche di problemi comuni, di nodi irrisolti, di scelte complicate che non possono essere eluse e neppure dilazionate, com’è facile intuire: la crescente concorrenza delle grandi case editrici, l’assorbimento di marchi editoriali “storici” entro più grandi concentrazioni, i rischi e gli ostacoli della distribuzione, le stesse difficoltà del sistema universitario italiano, l’impatto delle nuove tecnologie e le opportunità del web ecc. Di questi giorni, per esempio, è la notizia che l’ateneo di Harvard ha iniziato a pubblicare i propri testi attraverso il social network Scribd, uno dei tanti luoghi su Internet creati per l’aggregazione e per la condivisione di documenti di ogni genere e natura.

Si tratta di questioni aperte, che non penalizzano necessariamente l’editoria di cultura e tuttavia fanno comprendere agli osservatori più attenti come non sempre, anche in un mercato sui generis come questo, valga lo slogan “piccolo è bello”.

D’altra parte, è pur vero che l’industria culturale, e l’editoria “cartacea” in particolar modo, non possono rinunciare ad elementi come qualità, originalità, creatività, capacità di elaborazione, vicinanza e cura per il lavoro che si svolge. Le università e, più in generale, i centri di ricerca e di cultura, pubblici e privati, hanno bisogno non soltanto di contenere i propri costi, ma anche di poter condividere un metodo, una “strada”, un progetto culturale, di poter confrontare idee e posizioni. Per questi motivi, l’editoria di qualità, l’editoria di cultura potrà avere un proprio riconoscibile spazio anche in futuro.

Ma che cosa significa, più nel dettaglio, editoria di qualità, e che tipo di relazione instaura questo mondo con quello dell’architettura (universitaria e non)?

Bisognerebbe avere il tempo per evidenziare e illustrare casi specifici, ma ci limiteremo per il momento a delineare qualche linea di tendenza e a mettere in rilievo qualche punto essenziale.

Innanzitutto, questo tipo di editoria, come abbiamo accennato in precedenza, è spesso in grado di coniugare il proprio radicamento territoriale (che non vuol dire soltanto vicinanza geografica all’accademia, ma anche precisa vocazione culturale e pieno inserimento all’interno di un determinato sistema di reti e di relazioni) con alti livelli di competenza e di professionalità.

Le case editrici che si occupano di architettura, soprattutto quelle piccole e medie, le realtà decentrate rispetto alle “grandi metropoli”, uniscono molto spesso ad un alto grado di competitività una visione aperta all’innovazione e alla qualità, una solida preparazione editoriale e culturale, una certa capacità di “osare” e di sperimentare. Abbiamo a che fare, insomma, con una vera e propria editoria di progetto, che per essere competitiva e per poter presidiare nicchie pregiate di mercato è “costretta” a lavorare sulla qualità.

Questi editori possono essere imprese locali, ma quasi mai localistiche, quasi mai cioè rinchiuse nel proprio “particulare”, ancorate ad un rapporto esclusivo con la propria città o con il proprio ateneo di riferimento: questo dettaglio non secondario, probabilmente, distingue la realtà concreta dell’editoria da altri settori della nostra economia che si regge sul contributo della PMI (anche di quella economia che oggi definiamo “simbolica” e “immateriale”).

Le case editrici che si occupano di architettura sono “antenne”, sono sensori presenti sul territorio, realtà che collaborano attivamente con le università e i principali centri di ricerca, condividendone il contesto e le problematiche, ma che riescono anche ad intercettare il mondo che “sta fuori” e a dialogare con le aziende e con le istituzioni pubbliche, con i professionisti che lavorano in loco, riescono a valorizzarne le esperienze più significative, a creare occasioni editoriali – cataloghi, monografie, collane ecc. – che veicolano quanto viene quotidianamente ideato, progettato, realizzato sul territorio".

CONTINUA...

mercoledì 10 marzo 2010

Il Polesine e la crisi



Nella relazione presentata all’ultimo congresso provinciale della Cgil e posta in evidenza dalla stampa locale, il segretario Giovanni Nalin ha rimarcato almeno un paio di verità elementari per l’odierna realtà polesana: 1. Di fronte alla crisi (ad una crisi il cui impatto è ancora ben lungi dall’essere assorbito, stando ai più recenti dati dell’economia) non possiamo limitarci a sperare nella panacea che sarebbe offerta dalla riconversione della Centrale Enel di Polesine Camerini. 2. Sembra altrettanto rischioso confidare nel fatto che la ripresa economica e le prospettive di sviluppo del nostro territorio possano dipendere esclusivamente o quasi dall’iniziativa della “mano pubblica”. Personalmente aggiungerei, come corollario, una terza sintetica riflessione, che può assumere un proprio senso anche in relazione a questi giorni di campagna elettorale per la Regione, in cui il Pd ha coraggiosamente speso un “uomo di frontiera” come Bortolussi, storico leader degli artigiani di Mestre.

La riflessione è questa: è impensabile uscire dalla crisi e tornare a crescere, specialmente per un territorio come quello polesano, troppo spesso schiacciato dalle priorità e dagli interessi di aree più forti, se non viene affermata la centralità del “capitale umano”. Ciò significa credere che l’investimento più vantaggioso che si possa fare è quello che riguarda istruzione e formazione. Significa rafforzare con convinzione il ruolo dell’Università nella nostra provincia, ma anche quello (strategico) della rete scolastica e formativa diffusa sul territorio. Fare in modo che possano sorgere nuove occasioni per la ricerca. Valorizzare la competenza, la concorrenza, il merito ad ogni livello. I partiti e le forze sociali ed economiche polesane devono assumersi oggi una responsabilità in più: è illusorio ritenere che questo cambiamento possa essere generato spontaneamente, “dal basso”.

Bisogna creare le condizioni affinché sia possibile produrre nuova classe dirigente a mezzo di classe dirigente, proprio partendo dal ruolo propulsivo del ceto politico e delle amministrazioni pubbliche, che dovranno essere in grado di aprirsi e collegarsi con le cosiddette minoranze attive, con i settori migliori e più competenti della società, rinunciando alle cooptazioni e agli “ingressi laterali”. Un salto di mentalità epocale, forse, ma necessario per evitare la puntuale riproposizione di quel luogo comune che vuole il Polesine eterna “terra di conquista” per interessi… in larga parte extra-polesani. Consiglierei, a tale proposito, la lettura del saggio del sociologo Carlo Carboni “La società cinica” (ed. Laterza), pubblicato un paio di anni fa, ma a mio giudizio tuttora molto utile per cercare di sviluppare alcuni dei temi qui sommariamente accennati, anche in relazione alla peculiare situazione della nostra realtà.

mercoledì 3 marzo 2010

Tutto scorre...



Un libro bellissimo, che consiglio vivamente. “Tutto scorre…” di Vasilij Grossman (ed. Adelphi), scrittore russo di origine ebraica (1905-1964) e autore del fondamentale “Vita e destino”.

“Tutto scorre…” è un grande romanzo, ma non è solo un romanzo: è anche una lucida, attualissima meditazione sulla condizione umana, una riflessione metastorica sul destino della Russia e della civiltà contemporanea, una analisi rigorosa del comunismo sovietico e del terrore staliniano, una singolare “psicologia” del totalitarismo, una disperata apologia della libertà e dell’uomo. Tutto questo racchiuso in poco più di duecento pagine dense, accorate, struggenti, veramente senza tempo.