
Dagli acuti editoriali di Ilvo Diamanti sulla crescente “velinizzazione” della politica italiana, ai commenti di una Lidia Ravera o di una Lina Sotis, agli inviti poco concilianti di elettori e militanti del Pdl, l’ultima sortita della moglie del premier occupa la scena mediatica di queste ore, come novello psicodramma nazionale. C'è addirittura qualcuno che, scherzosamente, ma a volte non troppo, continua a proporre la (quasi ex?) "first lady" Veronica Lario/Miriam Bartolini come salda guida per i luminosi destini del Partito Democratico (“è il nostro Obama”, si è detto: del resto, non sono poi tanto lontani i giorni in cui si sprecavano gli apprezzamenti di Veltroni nei confronti della Lario).
Sì, proprio lei che nella sua ultima disperata missiva affidata alla nostra stampa, e fremente di democratica indignazione, ha affermato nientemeno che di voler “lottare” strenuamente per i propri figli, per assicurare loro un futuro degno di questo nome. Poveretti, verrebbe da dire, sono soltanto i figli di Silvio Berlusconi, che strada potranno mai prendere in un paese avaro come l'Italia?
In ogni caso, eccoci di fronte ad un esempio di assolutismo (poco) illuminato. La storia, comunque, insegna che per i rami cadetti della “famiglia” può sempre esserci qualche sinecura, qualche feudo inesplorato, qualche trono vacante, qualche piccolo principato a cui evidentemente non si era pensato: è sufficiente srotolare la carta geografica dell’Italia, o dell’Europa, e vedere quello che offre, per comporre gli interessi dinastici e tranquilizzare il popolo italiano. Per tutti gli altri, dopo la “privatizzazione” del politico, bisognerà fare direttamente i conti con la politica privatizzata.
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