giovedì 30 aprile 2009

Assolutismo (poco) illuminato



Dagli acuti editoriali di Ilvo Diamanti sulla crescente “velinizzazione” della politica italiana, ai commenti di una Lidia Ravera o di una Lina Sotis, agli inviti poco concilianti di elettori e militanti del Pdl, l’ultima sortita della moglie del premier occupa la scena mediatica di queste ore, come novello psicodramma nazionale. C'è addirittura qualcuno che, scherzosamente, ma a volte non troppo, continua a proporre la (quasi ex?) "first lady" Veronica Lario/Miriam Bartolini come salda guida per i luminosi destini del Partito Democratico (“è il nostro Obama”, si è detto: del resto, non sono poi tanto lontani i giorni in cui si sprecavano gli apprezzamenti di Veltroni nei confronti della Lario).

Sì, proprio lei che nella sua ultima disperata missiva affidata alla nostra stampa, e fremente di democratica indignazione, ha affermato nientemeno che di voler “lottare” strenuamente per i propri figli, per assicurare loro un futuro degno di questo nome. Poveretti, verrebbe da dire, sono soltanto i figli di Silvio Berlusconi, che strada potranno mai prendere in un paese avaro come l'Italia?

In ogni caso, eccoci di fronte ad un esempio di assolutismo (poco) illuminato. La storia, comunque, insegna che per i rami cadetti della “famiglia” può sempre esserci qualche sinecura, qualche feudo inesplorato, qualche trono vacante, qualche piccolo principato a cui evidentemente non si era pensato: è sufficiente srotolare la carta geografica dell’Italia, o dell’Europa, e vedere quello che offre, per comporre gli interessi dinastici e tranquilizzare il popolo italiano. Per tutti gli altri, dopo la “privatizzazione” del politico, bisognerà fare direttamente i conti con la politica privatizzata.

giovedì 23 aprile 2009

Il passante




Valter Vanni ha scritto "Un passante per il Nordest. Una storia lunga cinquant’anni" (ed. Marsilio). Vanni, oltre ad aver ricoperto un ruolo di primo piano nella sinistra veneta, non ha rinunciato anche a ritagliarsi una più defilata posizione di “coscienza critica” rispetto alla sua stessa area politica e culturale, soffermandosi in più occasioni sui limiti storici dell’azione della sinistra nel Veneto “bianco” nonché sulle trasformazioni seguite alla “svolta” del dopo 1989.

Questo libro prende in esame la lunga, complicata gestazione del “passante” di Mestre, che diventa nell’analisi di Vanni una significativa parabola o, meglio, una lente attraverso la quale poter rileggere la politica veneta dal dopoguerra (il “problema” nasce nel 1958!) ad oggi e la funzione avuta dalle classi dirigenti che si sono succedute in questo lasso di tempo. Il saggio comincia con una serie di interessanti domande, che vengono poste direttamente al lettore: perché – ad esempio – in una zona pianeggiante una strada di meno di sette chilometri è diventata un ostacolo talmente rilevante da meritare l’appellativo di “valico”? Perché questo stesso “valico” nel corso degli anni è stato identificato con il simbolo della crisi di un intero assetto politico-istituzionale? E perché oggi può venire interpretato anche come sostanziale indicatore delle capacità di governo di un territorio?

Non si è trattato, evidentemente, di una vicenda semplicemente burocratica o della necessità di dover gestire una contrapposizione tra progetti, tracciati, “suggestioni” di tipo differente (trasporto su “ferro” o “gomma”?), ma su un piano comunque tecnico: a confrontarsi sono state, spesso, visioni del governo e dello sviluppo, visioni anche ideologiche che hanno condizionato la storia di una infrastruttura definita da più parti come strategica, e che pure ha dovuto fare i conti con il perdurare di “dispute localistiche” e con una aspra contesa politica. L’autore si attiene fedelmente alla cronaca, segue le evoluzioni della politica e della vita istituzionale, sottolinea i passaggi salienti dell’intera vicenda, mettendo in luce gli errori, le contraddizioni, ma anche le scelte positive compiute dai protagonisti.

giovedì 9 aprile 2009

Anni Settanta 2



Alessandro Naccarato, deputato padovano del Pd, ha scritto "Violenze, eversione e terrorismo del partito armato a Padova" (ed. Cleup). Sembrano tempi lontani, tempi irrimediabilmente consegnati ad una memoria sempre più lacunosa, sbiadita, sorpassata dagli eventi: eppure, i fatti rievocati con rigore da questo libro di Alessandro Naccarato risalgono ad una trentina di anni fa e, se così si può dire, la loro “ombra” continua a proiettarsi, almeno indirettamente, sul nostro presente e su qualsiasi possibilità di attendibile ricostruzione dei nostri “anni di piombo”.

La strategia della violenza sistematica, l’attacco alle istituzioni, lo sviluppo di una sorta di “illegalità di massa” con la garanzia dell’impunità e vari livelli di azione, il terrorismo “diffuso” – fino ai gravissimi attentati compiuti, ad esempio, contro docenti dell’ateneo patavino come Angelo Ventura e Guido Petter. Questo libro si serve delle sentenze (definitive) contro Potere Operaio, Autonomia Operaia Organizzata e Collettivi Politici Veneti per ricreare "dall'interno" il clima di un’epoca recente e altamente drammatica nella storia dell’Italia repubblicana e per raccontare in che modo una città come Padova, nel cuore del Veneto bianco, potè gradualmente diventare centro di una strategia rivoluzionaria. Questi alcuni dei dati che vengono citati: “Per molti anni, e con particolare intensità tra il 1972 e il 1980, queste bande resero Padova la città italiana più colpita dal terrorismo per numero di attentati in proporzione agli abitanti. Soltanto tra il 1977 e il 1979, il periodo più tragico, a Padova furono denunciati – e si tenga conto che molti reati non venivano segnalati alle autorità competenti – 708 atti di violenza eversiva: 447 attentati, 132 aggressioni a persone, 129 tra rapine e devastazioni”.

Padova sarà tuttavia anche il luogo in cui scatterà l'inchiesta Calogero (7 aprile 1979), che portò all'arresto di Toni Negri. Naccarato nella sua analisi mette in rilievo come la città patavina seppe sviluppare nonostante tutto una reazione attiva, in cui si fondevano denuncia, contrasto e prevenzione della violenza: in tale reazione ruolo decisivo ebbero naturalmente le forze dell’ordine, la magistratura, ma anche tanti cittadini comuni, militanti politici e sindacali, rappresentanti del mondo istituzionale, docenti. Ripercorrere questa storia attraverso la vicenda giudiziaria fin qui emersa significa, per l’autore, andare controcorrente rispetto ad una ricostruzione del periodo che, in buona parte, è tuttora basata su memorie e racconti – di forte impatto mediatico, aggiungiamo noi – dei membri "più in vista" delle stesse organizzazioni extraparlamentari. Storia e “giustizia”: questione quanto mai attuale, nelle riflessioni della storiografia contemporanea (che cosa distingue gli storici dai giudici? Si veda, ad esempio, l’opera di Carlo Ginzburg), e che affiora come nodo problematico anche in questa sede. L'altra sera, nel trentennale di quel 7 aprile, Toni Negri ha parlato a Padova... esponendo la sua "versione"... (Probabilmente ne riparleremo).

mercoledì 8 aprile 2009

Anni Settanta



Montanelli, anarchico borghese: figura irriducibile a qualsiasi altra, questo si sa. Di secondo nome faceva “Schizogene”, ovvero generatore di polemiche, generatore di contrasti. Nomen…

Quello che si legge in queste (scorrevoli) pagine di Liucci e Gerbi è anche il ritratto di un Montanelli che, negli anni Settanta, dopo il divorzio dal "Corriere della sera", dalle colonne del suo “Giornale nuovo” si fa di volta in volta “politico”, “pedagogo”, “levatrice” di una destra liberale come, in verità, non se ne sono poi viste.

Per gli autori di questa seconda parte della sua biografia egli è il vero inventore del “giornale-partito”, formula-etichetta che, sul versante progressista, sarà affibbiata con maggior fortuna qualche anno più tardi alla “Repubblica” di Scalfari: Scalfari-Montanelli... è allora proprio questa, prima delle "discese in campo" e delle "gioiose macchine da guerra" del '94, la curiosa genealogia, nonché la più genuina radice dell'italico bipolarismo?

giovedì 2 aprile 2009

Alla mia nazione



... qualcosa di sempre, dolorosamente inattuale...

... qualcosa di tremendamente "attuale"...


Alla mia nazione

Non popolo arabo, non popolo balcanico, non popolo antico
ma nazione vivente, ma nazione europea:
e cosa sei? Terra di infanti, affamati, corrotti,
governanti impiegati di agrari, prefetti codini,
avvocatucci unti di brillantina e i piedi sporchi,
funzionari liberali carogne come gli zii bigotti,
una caserma, un seminario, una spiaggia libera, un casino!
Milioni di piccoli borghesi come milioni di porci
pascolano sospingendosi sotto gli illesi palazzotti,
tra case coloniali scrostate ormai come chiese.
Proprio perché tu sei esistita, ora non esisti,
proprio perché fosti cosciente, sei incosciente.
E solo perché sei cattolica, non puoi pensare
che il tuo male è tutto male: colpa di ogni male.
Sprofonda in questo tuo bel mare, libera il mondo.

PPP